Già nota in Cina fin dai tempi antichi, la seta, tessuto pregiato, venne fatta conoscere in Europa tramite i commerci, ma la sua vendita avveniva a prezzi molto elevati. La leggenda vuole che nel VI secolo qualcuno, nella fattispecie due frati, abbia così trovato il modo di portare a casa le uova del baco da seta, dando il via al suo allevamento che, leggenda a parte, in certe zone del nostro Paese iniziò proprio in quel periodo.
In Lombardia la bachicoltura e di conseguenza la gelsicoltura e la filatura ricevettero però un grande impulso un millennio più tardi, nel XVI secolo, trovando un contesto perfetto, dati il clima e le condizioni del terreno che favorivano la crescita del gelso per l'alimentazione del baco da seta e la disponibilità di acqua per le ruote dei mulini che permettevano di far muovere le macchine delle filature prima dell'arrivo del vapore e, tra alti e bassi, queste attività toccarono l'apice della quantità e della qualità dei prodotti nella seconda metà dell'Ottocento.
La seta si ricava dal bozzolo, l'involucro protettivo destinato alla metamorfosi, del cosiddetto baco da seta, ossia la larva del bombyx mori, insetto dell'ordine dei Lepidotteri, che si nutre unicamente di foglie di gelso. Il baco prepara il bozzolo, strato su strato, utilizzando un unico filo e al termine della tessitura diventa dapprima crisalide e poi farfalla ma, uscendo dal bozzolo, inevitabilmente rovina il filo per cui l'uomo, volendo sfruttare il filo, si ritrova costretto o ad essiccare i bozzoli o ad immergerli in acqua bollente.
L'allevamento dei bachi era compito dei contadini, quindi possiamo definirlo un lavoro agricolo, ma non bastava per ottenere la seta. E' così nacque l'incontro con il lavoro industriale: i bachi venivano passati per la lavorazione alle filande.
Le filande erano stabilimenti dagli alti soffitti, di solito di grandi dimensioni e a più piani, edificati vicino a corsi d'acqua, nelle quali si procedeva dapprima alla trattura, durante la quale i bozzoli venivano immersi in acqua a 90° per sciogliere la componente collosa che li indurisce e ricercare il capo del filo che, unito ad altri a seconda dello spessore desiderato, andava poi a formare delle matassine grezze che, dopo il bagno per l'eliminazione della sostanza collosa rimasta e dopo l'eventuale tintura, venivano passate al reparto torcitura dove i fili, passati sui rocchetti, venivano appunto torti per ottenere una maggiore resistenza e poi irrorati con vapore acqueo per evitare che si arricciassero durante la tessitura.
Nelle filande erano impiegate principalmente le donne, anche in giovane età, essendo allora ammesso il lavoro minorile, a partire dai dodici anni, anche se a quest'età si doveva osservare un turno di più breve durata, essendo invece il turno normale molto lungo, di 11 o anche più ore giornaliere.
Ma il lavoro nelle filande era disagevole anche per altri motivi: l'ambiente insalubre a causa soprattutto dei vapori delle vasche di acqua calda, i pignoli controlli che venivano effettuati sia sulla quantità che sulla qualità della lavorazione eseguita, con multe se non si raggiungeva un certo risultato, i salari molto bassi.
Al Molino Doppio come abbiamo visto risultava ubicata, già nel 1875, una filanda a nome del signor Riva Francesco, che operava in un immobile di proprietà dello zio Riva Stefano, dal quale lo ereditò anni più tardi e nel 1882 tale filanda appariva in crescente attività, tanto che si provvedeva all'edificazione di un nuovo fabbricato che comprendeva anche un locale ad uso gallettiera.
L'attività appariva fiorente anche nove anni dopo, nel 1891, quando venne presa in esame negli “Annali di Statistica Industriale pubblicati a cura del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio” – Direzione generale della Statistica – e precisamente nel Fascicolo XXXVII, dedicato all'Industria della seta in Italia e consultabile in Internet, che riporta tra le ditte di Milano la filatura di Riva Francesco, impegnata per la trattura e la torcitura con l'utilizzo di 1 opificio che si avvaleva dell'opera di 3 maschi, 85 donne, 35 donne minori, per un totale di 123 persone e di 212 giorni lavorativi nell'anno (pagine 1 – 61 – 122), a conferma di quanto sopra detto con riferimento alla mano d'opera del settore.
Agli inizi del 1900 evidentemente, come avvenuto in tanti altri opifici, l'attività della filanda del Molino iniziò a calare, tanto che nel ... (tra il 1905 e il 1909) il signor Riva Francesco decise di chiuderla, come da … e di trasformare l'immobile che la ospitava in un complesso di unità abitative.
Segnaliamo infine che, all'epoca del grande sviluppo della filatura della seta, le autorità guardavano con molta attenzione alle piante di gelso in quanto solo di esse si alimentava il baco da seta, tanto che venivano pubblicate apposite stime dei gelsi censibili denominate “Quaderno dei Gelsi”: qui presentiamo quello del 1881, nella parte dedicata al Mandamento VIII di Milano – Corpi Santi Porta Ticinese, redatto dallo stimatore ing. Francesco Jus e conservato all'Archivio di Stato, dal quale apprendiamo che la misurazione delle foglie dei gelsi avveniva in libbre e che il prezzo medio era di Lire 7. vedi foto sotto
foto su concessione Archivio di Stato di Milano
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