La casa di ringhiera , col suo ambiente particolare dal punto di vista architettonico ma soprattutto dal punto di vista sociale in quanto favorisce i rapporti interpersonali, è diventata una fonte di ispirazione per scrittori, poeti e pittori.
Foto di Alberto Virgilio
Padovan --1978--
Per quanto riguarda le opere scritte citiamo gli attualissimi "La casa di ringhiera"(2011), "Gli scheletri nell’armadio"(2012), "Il segreto di Angela" (2013), "Il caso Kakoiannis-Sforza" (2014), "L'uomo con la valigia" (2015), "Morte di un ex tappezziere" (2016), "Sei storie della casa di ringhiera" (2017), "Il diario segreto del cuore" (2018) e "La verità su Amedeo Consonni" (2019), romanzi e racconti tutti editi da Sellerio, firmati dallo scrittore fiorentino Francesco Recami e appartenenti al genere giallo classico ma spesso sconfinanti nella commedia basata sugli equivoci, caratterizzati da una narrazione brillante corredata da un numero infinito di sincronismi e travisamenti e dall'ambientazione, appunto la casa di ringhiera, che l'autore così descrive: «Le case di ringhiera una loro peculiarità l’hanno mantenuta. Per esempio, essendo gli ingressi degli appartamenti sui ballatoi, l’accesso a casa propria è all’aperto, e non in uno stretto pianerottolo servito da un grigio ascensore. Così se uno entra in casa, o ne esce, lo vedono tutti. C’è un’altra caratteristica che rende uniche le case di ringhiera: sembrano un teatro shakespeariano. Su due o tre livelli, con porte e finestre che si aprono (magari quando sarebbe meglio che rimanessero chiuse) e che si chiudono (magari quando sarebbe meglio che rimanessero aperte) è tutto un entrare e un uscire, tipico della drammaturgia teatrale, soprattutto della commedia degli equivoci».
Volge invece uno sguardo nostalgico ad un passato non troppo lontano il romanzo di Annamaria Pizzinato “C'era una volta una casa di ringhiera”, edito nel 2017 da Youcanprint, nel quale l'autrice ricorda la sua infanzia vissuta negli anni Sessanta in una casa di ringhiera di Milano, un'infanzia che ha dovuto fare i conti con le questioni di povertà e di immigrazione, quest'ultima diversa da quella di oggi perché coinvolgente semplicemente italiani provenienti da altre regioni ma che allora ugualmente diventavano fonte di problemi, ma anche un'infanzia ricca di momenti impagabili sebbene derivanti da cose modeste, come un momento di gioco con gli altri bambini, stare con i propri cari accanto alla stufa a legna o sentire il profumo di un piatto appena sfornato.
E' rivolta proprio al Molino Doppio l'incantevole
poesia “Cambia l'aria” di Barbara Bonazzi, scritta nel 2019 e pubblicata sul
quotidiano “La Repubblica”.
Barbara Bonazzi, che vive al Molino Doppio, coltiva
diverse passioni: la fotografia, la scultura, la musica e in particolare la
poesia. Nel 2017 ha pubblicato proprio un libro di poesie, intitolato
“Effimeri, totali” e da anni è coordinatrice de “Il Giardino della Poesia”
allo Spazio Alda Merini.
In “Cambia l'aria” pone l'accento in particolare sulla ineguagliabile situazione, a pochi passi dalle vie cittadine ma già in mezzo a campi e rogge, di questa vecchia casa di ringhiera che, sebbene ormai “scrostata”, l'autrice non sarebbe disposta a cambiare nemmeno con una “reggia”.
Cambia l'aria
Qui cambia il tempo e la temperatura.
Mi chiedo se quest'aria fresca e
la rana che annunciano il passaggio
alla campagna
e il boscoso sentore e il rosso
che divampa al tramonto
sul profilo del massiccio
del Rosa all'orizzonte,
mi chiedo se non siano un segno
del mio radicar la vita un verde strano
ancor più verde perché opposto
alla città di cemento e guglie quadre,
odori di scarichi e immondizia.
Il suono di un fringuello par leggiadro,
come immersa in una pace la mia ora,
serenamente plasmata da una nuvola,
sopra i cavi in fila sotto il cielo inurbato
alla malora. Credo che questo pezzo
di strada con le rane e i copertoni
buttati nella roggia, a me paia
un teatro sublime ed ancestrale
cui non rinuncerei per alcuna reggia.
La casa scrostata si avvicina e i rospi
deridono il mio andare , in coro
pretendono di accompagnare
un bacio nella sera o forse... il mare.
(Barbara Bonazzi 21.05.2019)
E' dedicata ai ricordi di tanti piacevoli momenti passati nella casa di ringhiera della nonna, in via Pietro Crespi (zona Viale Monza, nei pressi del Trotter), con un accento sui più piccoli fatti quotidiani, la poesia “Casa di ringhiera”, pubblicata nel 2014 da Marina Perozzi, che gentilmente ne ha concesso la pubblicazione sul nostro sito e che invita tutti alla lettura anche delle altre sue poesie, che toccano vari temi come amore, festività, donne, natura e che si possono trovare sul sito “Scrivere.info”.
Casa di ringhiera
Tubano, i piccioni
nel sottotetto della casa
di ringhiera,
confondendosi con il brusio
che sale dal mercato coperto
in fondo alla strada di periferia.
Qui le stagioni s'alternano
al riverbero della brace nella stufa
e il carbon coke che riscalda
la pentola del brodo.
La stanza accanto
è una ghiacciaia, col letto
imbottito di piuma dove
s'infilano piedini di bimbi
cercando l'abbraccio dei nonni.
Dal ballatoio comune
scende lo sguardo sul cortile,
ed è un rimbalzar di palla e di voci,
ché all'ora di pranzo tutto si svuota
e il silenzio torna al suo regno.
Il filo della memoria resta ancorato lì,
tra gli scialli a cruscé col filo lamé
e il ritmo della macchina da maglieria,
che monotona e instancabile
tesseva le vite di povera gente,
ricche soltanto d'amore
e d'infinita pazienza.
Vediamo ora come sono state invece espresse tramite pennelli e colori le impressioni sulle case di ringhiera, le quali restano un tema pittorico che, tra gli artisti, ancora oggi raccoglie attorno a sé un buon numero di seguaci e tra il pubblico riscuote un particolare apprezzamento.
Uno dei pittori più conosciuti di questo genere di opere è Loredano Rizzotti che, pur figlio d'arte in quanto il padre era mosaicista, iniziò a dipingere solo dopo un'esperienza lavorativa come litografo ma, una volta partito, con mostre collettive e poi personali, è riuscito a farsi conoscere da un grande pubblico, apparendo anche in televisione. In particolare nel 1985 ebbe occasione di parlare su RAI 3 dei suoi dipinti di gatti, che poi sono soprattutto quei gatti, di diverse età e dal mantello di differenti colori, che appaiono numerosi sulle case di ringhiera da lui realizzate, tipiche del suo primo periodo artistico e che hanno attirato un buon numero di imitatori, come colui che ha realizzato la balconata sulla stampa incorniciata che potete qui ammirare.
Altrettanto noto è Elio Borgonovo che, grazie ai suoi dipinti di ringhiere e cortili, proposti in mostre collettive e personali anche in importanti Gallerie, ha conquistato, oltre a un Ambrogino d'Oro nel 1968, l'appellativo di “pittore della vecchia Milano”, quella vecchia Milano che talvolta ha rappresentato anche su oggetti diversi, come la casa di ringhiera dipinta su un asse di legno per lavare o lo scorcio di ringhiera pitturato su un'assicella di legno con cardini, quella vecchia Milano che invece, dagli Anni Novanta, ha ricordato e continuato a dipingere da lontano, dalle Isole Canarie in cui si era trasferito, ma stavolta con una visione più distaccata, che a volte sfiora il surrealismo.
Ultimamente vanno di moda le opere di Luciano Bartoli, che le realizza con la collaborazione del padre Filiberto e che le chiama “Art in box”; i Bartoli, infatti, riproducono un dato ambiente in una scatola, partendo da una base pittorica ma poi arricchendola con ritagli e pezzi vari, quasi tutti di recupero, per realizzare anche i più piccoli particolari ed ottenere un risultato tridimensionale. Le loro prime creazioni hanno riguardato proprio le case di ringhiera, che continuano a plasmare anche oggi che il loro interesse si è esteso al più vasto ambito della storia di Milano.
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