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il Mondo della filanda

La filanda, come abbiamo visto, visse la sua epoca di maggior successo nella seconda metà del 1800.

 Proprio a questo periodo risale l'articolo “Il ricolto dei bozzoli” a firma dell'avv. Gio Costanzo Berardengo e pubblicato nel 1872 dall'editore Treves di Milano sul bisettimale “L'illustrazione popolare”, che mette in risalto l'importanza della bachicoltura per le famiglie contadine in quel momento di collaborazione tra economia agricola e industriale e che è corredato da tre illustrazioni: il filugello, ossia il baco da seta nella sua evoluzione, l'interno di una casa con due contadini impegnati nell'allevamento dei bachi e una filanda con le lavoratrici all'opera, una filanda che certamente non era quella del Molino Doppio in quanto le ruote che permettono il movimento delle macchine in questo caso appaiono ancora azionate dalla forza umana.

 A circa un ventennio più avanti, databile tra il 1890 e il 1895, risale invece il capolavoro pittorico di Eugenio Spreafico che si può ammirare ai Musei Civici di Monza Casa degli Umiliati: un dipinto ad olio intitolato “Dal lavoro. Il ritorno dalla filanda”, che mostra, al tramonto, vari gruppetti di donne che stanno facendo rientro a casa, camminando su una strada di campagna costeggiata da un canale, un'opera che descrive la realtà di fine Ottocento, con uno sguardo speranzoso al domani e solo alla lontana già conscia delle nascenti lotte sindacali.

 Nel Novecento, con le lotte sindacali, poi con le guerre mondiali, ma soprattutto con la concorrenza dei nuovi e più economici tessuti sintetici, le attività delle filande cominciarono a calare per scomparire definitivamente dopo il secondo conflitto, ovviamente portando con sé anche la sparizione del lavoro faticoso e tipicamente femminile delle filandiere ed ancora portando con sé la fine dell'allevamento del baco da seta.

 Del mondo delle filande oggi ci restano le canzoni. Le filandiere, infatti, cantavano per sopportare meglio le dure condizioni di lavoro, visto che non potevano chiacchierare tra loro ma cantare sì perché ciò poteva aiutare la concentrazione e le loro canzoni, spesso anche di protesta, sopravvivono numerose nel mondo dei brani popolari, in particolare lombardi, dedicati ai mestieri.

Molto famosa, pur trattandosi della versione italiana di un brano interpretato dalla portoghese Amàlia Rorigues, è poi la canzone “La filanda”, che nel 1972 valse a Milva il premio Gondola d'oro alla Mostra internazionale di musica leggera di Venezia e che anche grazie all'allegro ritmo divenne il suo successo più venduto.

 Inoltre, per permettere di conservare e far conoscere un universo che per tanto tempo è stato importante per la società e per le famiglie, la filanda è approdata nei musei.

 Tra di essi citiamo: il Museo della Seta di Garlate, sito nella settecentesca filanda Abegg circondata dai gelsi, inaugurato già nel 1953 e strutturato in modo da mostrare l'intero processo di produzione, dall'allevamento del baco alla torcitura della seta; il Museo didattico della Seta di Como, che vanta un'area espositiva di più di mille metri quadrati e organizza spesso eventi legati al mondo del tessile aperti al pubblico e agli studenti; il Museo della Seta di Soncino, nato da una collezione privata, che pone un'attenzione particolare sull'aspetto bachicoltura, anche con la presentazione di filmati d'epoca.

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